A proposito del progetto

Le persone con disabilità in Europa continuano a scontrarsi con pregiudizi e discriminazioni, ambienti inaccessibili e barriere comportamentali. Le madri con disabilità, in particolare, costituiscono un gruppo poco rappresentato e trascurato sia dalla politica che dal mondo della ricerca e della medicina.

Il personale sanitario svolge un ruolo essenziale nel fornire consigli e sostenere queste donne nel loro percorso verso la maternità. Sfortunatamente queste ultime spesso denunciano casi di discriminazione e stigmatizzazione, dal momento che spesso viene loro negato l’accesso a percorsi per la fecondazione assistita, sono spinte a porre fine alla gravidanza o a destinare i neonati all’adozione. Secondo Perez et al. (2023, p. 16) un minore su venti nato da una madre con disabilità intellettiva viene affidato ai servizi sociali alla nascita. In molti casi il personale sanitario si affretta a dichiarare “ad alto rischio” le gravidanze di donne con disabilità (Camilleri Zahra, ibid.), a prescindere dalla complessità del quadro clinico individuale. Questa pratica, associata all’inadeguatezza delle cure prenatali, contribuisce a un aumento sproporzionato della frequenza dei parti cesarei tra le madri con disabilità intellettive (Perez et al., pp. 15 e 18). Altrettanto frequenti sono i casi di sterilizzazione forzata (European Disabilities Forum, 2022). Pertanto, appare evidente che le pratiche promosse da gran parte del personale medico impediscano di fatto alle donne con disabilità ad esercitare il loro diritto alla maternità e a una gravidanza sicura.

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Queste pratiche violano i diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), in particolare gli articoli 12, 16, 17, e 23. Questi articoli garantiscono pari capacità giuridica alle persone con disabilità (Articolo 12), protezione contro le violenze e gli abusi (Articolo 16), rispetto della propria integrità fisica e mentale (Articolo 17), inoltre tutelano il loro diritto a sposarsi, fondare una famiglia e conservare la loro fertilità su base di uguaglianza con gli altri (Articolo 23). Tra gli altri articoli che riteniamo opportuno citare in questa sede ricordiamo: l’articolo 6 (donne con disabilità), l’articolo 9 (accessibilità) e l’articolo 25 (salute) che ribadiscono il diritto di queste persone a non essere discriminate e ad avere accesso alle cure sanitarie.

Il progetto ASSIST mira a contribuire a risolvere tali sfide:

  • creando degli ambienti sanitari inclusivi e accessibili per le donne e le madri con disabilità attraverso l’istituzione di percorsi di formazione rivolti allɜ studenti di medicina e al personale sanitario erogati all’interno di un innovativo ecosistema digitale;
  • sviluppando un programma di formazione completo per il personale medico-sanitario di oggi e di domani, nonché avviando delle campagne di sensibilizzazione volte a migliorare la capacità delle ONG di innescare un cambiamento a livello politico;
  • promuovendo un atteggiamento positivo, rispettoso tra il personale sanitario nei confronti delle madri con disabilità affinché riconosca l’importanza delle barriere sociali.

Il progetto aderirà alle linee guida per una “comunicazione inclusiva nei confronti delle persone con disabilità” redatta dalle Nazioni Unite.